Legge Regionale Marche 17/6/2008 n. 14
Nota a verbale
Note agli articoli
AI SENSI DELL’ARTICOLO 5 DELLA LEGGE REGIONALE 28 LUGLIO 2003, N. 17,
IL TESTO DELLA LEGGE REGIONALE VIENE PUBBLICATO CON L’AGGIUNTA DELLE NOTE.
IN APPENDICE ALLA LEGGE REGIONALE, AI SOLI FINI INFORMATIVI, SONO ALTRESÌ
PUBBLICATI:
a) LE NOTIZIE RELATIVE AL PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE;
b) LA STRUTTURA REGIONALE RESPONSABILE DELL’ATTUAZIONE.
NOTE
Nota all’art. 1, comma 1
La Direttiva n. 2006/32/CE del 5 aprile 2006 reca: “Direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia
e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio”.
Nota all’art. 4, comma 1, lettera g)
Il testo del comma 2, dell’articolo 10 del d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192
(Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia)
è il seguente:
“Art. 10 - (Monitoraggio, analisi, valutazione e adeguamento della normativa
energetica nazionale e regionale) - Omissis.
2. In particolare, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
provvedono alle seguenti attività:
a) raccolta e aggiornamento dei dati e delle informazioni relativi agli usi
finali dell’energia in edilizia e la loro elaborazione su scala regionale
per una conoscenza del patrimonio immobiliare esistente nei suoi livelli prestazionali
di riferimento;
b) monitoraggio dell’attuazione della legislazione regionale e nazionale
vigente, del raggiungimento degli obiettivi e delle problematiche inerenti;
c) valutazione dell’impatto sugli utenti finali dell’attuazione
della legislazione di settore in termini di adempimenti burocratici, oneri posti
a loro carico e servizi resi;
d) valutazione dell’impatto del presente decreto e della legislazione
di settore sul mercato immobiliare regionale, sulle imprese di costruzione,
di materiali e componenti per l’edilizia e su quelle di produzione e di
installazione e manutenzione di impianti di climatizzazione;
e) studio per lo sviluppo e l’evoluzione del quadro legislativo e regolamentare
che superi gli ostacoli normativi e di altra natura che impediscono il conseguimento
degli obiettivi del presente decreto;
f) studio di scenari evolutivi in relazione alla domanda e all’offerta
di energia del settore civile;
g) analisi e valutazione degli aspetti energetici e ambientali dell’intero
processo edilizio, con particolare attenzione alle nuove tecnologie e ai processi
di produzione, trasporto, smaltimento e demolizione;
h) proposta di provvedimenti e misure necessarie a uno sviluppo organico della
normativa energetica nazionale per l’uso efficiente dell’energia
nel settore civile.
Omissis.”
Nota all’art. 4, comma 2, lettera b)
Il testo dell’articolo 26 della l.r. 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia
urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio) è il seguente:
“Art. 26 - (Approvazione degli strumenti urbanistici comunali, dei regolamenti
edilizi e delle relative varianti) - 1. Il Piano regolatore generale (P.R.G.),
adottato dal Consiglio comunale, è depositato a disposizione del pubblico,
per sessanta giorni, presso la segreteria del Comune. Dell’avvenuto deposito
è data notizia mediante avviso pubblicato all’Albo del Comune e
sulle pagine locali di almeno un giornale quotidiano di diffusione regionale,
elevato a tre per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, nonché
mediante l’affissione di manifesti. Entro i sessanta giorni di deposito,
chiunque può formulare osservazioni sui criteri e sulle linee generali
del P.R.G. adottato.
2. Il Consiglio comunale, con deliberazione motivata, si esprime sulle osservazioni
presentate, accogliendole o respingendole, entro centottanta giorni dalla scadenza
del termine di cui al comma 1 e, contestualmente, adotta definitivamente il
P.R.G. con le eventuali modifiche conseguenti all’accoglimento delle osservazioni.
Decorso inutilmente detto termine il Comune è tenuto a provvedere alla
rielaborazione del P.R.G.
3. Nei trenta giorni successivi all’adozione definitiva, il P.R.G. è
trasmesso alla Giunta provinciale, la quale esprime un parere sulla conformità
del P.R.G. con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali
e dei programmi di carattere sovracomunale e, in particolare, con le previsioni
e gli indirizzi del PPAR, del PIT e del PTC, ove vigenti.
4. Il parere è espresso dalla Giunta provinciale, sentito il Comitato
provinciale per il territorio di cui all’articolo 55, entro centottanta
giorni dal ricevimento del P.R.G.; tale termine è ridotto a centoventi
giorni per i comuni fino a 5.000 abitanti. Decorso inutilmente il termine, il
parere si intende favorevole. Il termine può essere sospeso, per una
sola volta, quando l’Amministrazione provinciale chieda chiarimenti o
integrazioni documentali e riprende a decorrere dal ricevimento dei chiarimenti
o delle integrazioni.
5. Qualora il parere di cui al comma 3 sia favorevole, il Consiglio comunale
provvede all’approvazione del P.R.G. entro sessanta giorni dal ricevimento
del parere stesso.
6. Nel caso in cui la Giunta provinciale abbia formulato rilievi in ordine alla
conformità del P.R.G. con la normativa vigente e con le previsioni dei
piani territoriali e dei programmi di carattere sovracomunale, il Comune:
a) provvede all’approvazione del P.R.G. in adeguamento al parere della
Giunta provinciale entro centoventi giorni dal suo ricevimento. Decorso detto
termine, il Comune è tenuto a provvedere alla rielaborazione del Piano;
b) qualora ritenga di respingere tali rilievi, controdeduce, con deliberazione
consiliare motivata, entro novanta giorni dal ricevimento del parere.
7. La deliberazione di cui al comma 6, lettera b), è trasmessa alla Giunta
provinciale, la quale esprime un parere definitivo entro novanta giorni dal
ricevimento delle controdeduzioni comunali. Decorso detto termine il parere
si intende favorevole.
8. Entro il termine di novanta giorni dalla trasmissione del parere definitivo
espresso dalla Giunta provinciale ai sensi del comma 7, il Consiglio comunale
provvede all’approvazione del P.R.G. conformemente al suddetto parere.
Decorso detto termine, il Comune è tenuto a provvedere alla rielaborazione
del Piano.
9. Il Comune, a fini conoscitivi, è tenuto a trasmettere il P.R.G. con
il relativo atto di approvazione alla Giunta provinciale. Il Comune è
tenuto altresì ad adeguare gli elaborati tecnici e cartografici del P.R.G.
approvato.
10. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si osservano anche per le varianti
agli strumenti urbanistici generali comunali.
11. La Giunta provinciale esprime, inoltre, il parere di cui ai commi precedenti
sui seguenti strumenti urbanistici attuativi:
a) in variante agli strumenti urbanistici generali comunali, quando non rientrano
nella procedura abbreviata di cui all’articolo 15, comma 5;
b) relativi a zone, totalmente o parzialmente, soggette a vincolo paesistico,
di cui all’articolo 37, salvo il disposto del comma 4 dell’articolo
4.
12. I regolamenti edilizi e le relative varianti contenenti norme difformi dai
parametri urbanistico - edilizi previsti dallo strumento urbanistico generale
e dall’articolo 13 del regolamento edilizio regionale approvato con D.P.G.R.
14 settembre 1989, n. 23 e successive modificazioni, sono sottoposti al parere
della Giunta provinciale in ordine al fondamento delle motivazioni che hanno
determinato le difformità stesse. Il parere è espresso dalla Giunta
provinciale entro novanta giorni dal ricevimento. Decorso inutilmente il termine
il parere si intende favorevole. Il termine può essere sospeso per una
sola volta, quando l’Amministrazione provinciale chieda chiarimenti ed
integrazioni documentali e riprende a decorrere dal ricevimento dei chiarimenti
o delle integrazioni. Qualora il parere sia favorevole, il Consiglio comunale
provvede all’approvazione del regolamento edilizio o delle relative varianti
entro sessanta giorni dal suo ricevimento. In caso di parere negativo, il Comune
provvede alla rielaborazione delle norme difformi.”
Nota all’art. 5, comma 1
La l.r. 5 agosto 1992, n. 34 reca: “Norme in materia urbanistica, paesaggistica
e di assetto del territorio”.
Nota all’art. 6, comma 2
Il d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192 reca: “Attuazione della direttiva 2002/91/CE
relativa al rendimento energetico nell’edilizia.
Nota all’art. 7, comma 2
Il testo dell’articolo 4 del d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione
della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia)
è il seguente:
“Art. 4 - (Adozione di criteri generali, di una metodologia di calcolo
e requisiti della prestazione energetica) - 1. Entro centoventi giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più decreti
del Presidente della Repubblica, sono definiti:
a) i criteri generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi finalizzati
al contenimento dei consumi di energia e al raggiungimento degli obiettivi di
cui all’articolo 1, tenendo conto di quanto riportato nell’allegato
«B» e della destinazione d’uso degli edifici. Questi decreti
disciplinano la progettazione, l’installazione, l’esercizio, la
manutenzione e l’ispezione degli impianti termici per la climatizzazione
invernale ed estiva degli edifici, per la preparazione dell’acqua calda
per usi igienici sanitari e, limitatamente al settore terziario, per l’illuminazione
artificiale degli edifici;
b) i criteri generali di prestazione energetica per l’edilizia sovvenzionata
e convenzionata, nonché per l’edilizia pubblica e privata, anche
riguardo alla ristrutturazione degli edifici esistenti e sono indicate le metodologie
di calcolo e i requisiti minimi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi
di cui all’articolo 1, tenendo conto di quanto riportato nell’allegato
«B» e della destinazione d’uso degli edifici;
c) i requisiti professionali e i criteri di accreditamento per assicurare la
qualificazione e l’indipendenza degli esperti o degli organismi a cui
affidare la certificazione energetica degli edifici e l’ispezione degli
impianti di climatizzazione. I requisiti minimi sono rivisti ogni cinque anni
e aggiornati in funzione dei progressi della tecnica.
2. I decreti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro delle
attività produttive, di concerto con il Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti e con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio,
acquisita 1’intesa con la Conferenza unificata, sentiti il Consiglio nazionale
delle ricerche, di seguito denominato CNR, l’Ente per le nuove tecnologie
l’energia e l’ambiente, di seguito denominato ENEA, il Consiglio
nazionale consumatori e utenti, di seguito denominato CNCU.”,
Nota all’art. 8, comma 1
Il testo dell’articolo 13 del regolamento regionale 14 settembre 1989,
n. 23 (Regolamento edilizio tipo) è Il seguente:
“Art. 13 - (Definizione degli indici e parametri) - 1. Gli indici e i
parametri edilizi e urbanistici sono definiti nel modo seguente:
a) Superficie territoriale (ST).
È l’area complessiva interessata da un intervento urbanistico attuativo,
comprendente le aree per l’urbanizzazione primaria e secondaria e le aree
destinate all’edificazione.
b) Superficie fondiaria (SF).
È l’area destinata all’edificazione, che risulta dalla ST
sottraendo le superficie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
c) Superficie utile lorda (SUL).
È la somma delle superfici lorde di ciascun piano dell’edificio,
comprese entro il perimetro esterno delle murature, includendo “bow window”,
scale e ballatoi di accesso, vani ascensori, cavedi per impianti tecnici, nonché
il sottotetto qualora abitabile o utilizzabile (come indicato alla successiva
lettera t).
Contribuiscono al calcolo della superficie utile lorda, con una quota pari al
50% della loro entità, i porticati di uso condominiale ed il piano seminterrato
(come definito alla successiva lettera u).
Non contribuiscono al calcolo della superficie utile lorda:
· i piani completamente interrati (come definiti alla successiva lettera
u);
· i porticati pubblici o d’uso pubblico;
· i volumi tecnici emergenti dalla copertura piana o dalle falde del
tetto, destinati ad extracorsa degli ascensori, scale di accesso alla copertura,
locali strettamente necessari per impianti, serbatoi, vasi di espansione o canne
fumarie;
· scale di sicurezza antincendio esterne ed aperte, nonché qualsiasi
rampa esterna di scala non coperta, terrazze e logge aperte.
d) Volume (V).
È la somma dei prodotti della superficie lorda di ciascun piano per l’altezza
dello stesso piano, misurata tra le quote di calpestio del piano stesso e del
piano superiore.
Per l’ultimo piano, l’altezza è quella compresa tra la quota
di calpestio e l’intradosso del solaio piano o, per coperture a falde,
l’altezza media dell’intradosso relativa alla superficie lorda computata.
e) Indice di fabbricabilità territoriale (IT).
È il rapporto tra il volume (V) massimo realizzabile in una determinata
zona e la superficie territoriale (ST) della zona stessa.
f) Indice di utilizzazione territoriale (UT).
È il rapporto tra la superficie utile lorda (SUL) massima realizzabile
in una determinata zona e la superficie territoriale (ST) della zona stessa.
g) Indice di fabbricabilità fondiaria(IF).
È il rapporto tra il volume (V) e la superficie fondiaria (SF).
h) Indice di utilizzazione fondiaria (UF).
È il rapporto tra la superficie utile lorda (SUL) e la superficie fondiaria
(SF).
i) Superficie coperta (SC).
È la proiezione orizzontale delle superfici lorde fuori terra.
l) Indice di copertura (IC).
È il rapporto tra la superficie coperta (SC) e la superficie fondiaria
(SF).
m) Altezza delle fronti (H).
È l’altezza di ogni parte di prospetto in cui può essere
scomposto l’edificio, misurata dalla linea di terra alla linea di copertura
computando i corpi arretrati qualora non compresi. La linea di terra è
definita dall’intersezione della parete del prospetto con il piano stradale
o il piano del marciapiede o il piano del terreno a sistemazione definitiva.
La linea di copertura è definita, nel caso di copertura piana, dall’intersezione
della parete del prospetto con il piano corrispondente allo estradosso del solaio
di copertura; nel caso di copertura a falde, dall’intersezione della parete
di prospetto con il piano corrispondente all’estradosso della falda di
copertura. Salvo diversa specifica prescrizione dei singoli strumenti urbanistici,
la misura dell’altezza non tiene conto del vano scala, dell’ascensore
e di canne fumarie, né delle maggiorazioni corrispondenti a bocche di
lupo o agli accessi esterni, carrabili e pedonali, al piano seminterrato, purché
gli eccessi stessi, realizzati in trincea rispetto alla linea di terra, non
siano di larghezza superiore a m.3.
n) Altezza massima degli edifici (H MAX).
È la massima tra le altezze delle diverse parti di prospetto in cui può
essere scomposto l’edificio, misurate come alla precedente lettera m).
Nel caso di prospetti in cui siano presenti falde inclinate di tetti (a capanna,
sfalsati o ad unico spiovente), per altezza massima si considera quella corrispondente
all’intersezione delle pareti di prospetto con il piano corrispondente
all’estradosso della falda di copertura purché il colmo non superi
di ml. 1,80 l’altezza così misurata; in caso diverso l’altezza
massima va misurata alla linea di colmo (v. figure 1, 2, 3 e 4).
Nel caso che le falde di copertura coincidano con le pareti inclinate dei prospetti,
l’altezza massima va sempre misurata alla linea di colmo (v. figure 5
e 6).
Per edifici ubicati su terreni con pendenza naturale superiore al 15%, l’altezza
massima consentita dagli strumenti urbanistici, salvo prescrizioni più
ristrettive degli stessi, può essere superata di un 20% nelle parti a
valle dei prospetti, con un massimo assoluto di ml. 2,00 (v. figura 7).
o) Distacco tra gli edifici (DF).
È la distanza (minima) tra le pareti antistanti gli edifici, o corpi
di fabbrica degli stessi, salvo le pareti prospettanti sugli spazi interni di
cui alla successiva lettera r), misurata nei punti di massima sporgenza.
Due pareti si intendono prospicienti quando l’angolo formato dal prolungamento
delle stesse è inferiore ai 70 gradi sessagesimali e la sovrapposizione
è superiore a ¼ della distanza minima tra le pareti stesse.
Per gli edifici gradonati la distanza viene misurata in corrispondenza di ogni
arretramento.
p) Distacco dai confini (DC).
È la distanza tra la proiezione verticale della parete dell’edificio
e la linea di confine, misurata nel punto di massima sporgenza.
Si intende come confine, oltre che la linea di separazione delle diverse proprietà
esistenti o la linea che definisce i diversi lotti o comparti dei piani attuativi,
anche la linea di delimitazione di aree pubbliche per servizi o attrezzature
individuata negli strumenti urbanistici.
q) Distanza dalle strade (DS).
È la distanza tra le proiezione verticale della parete dell’edificio
ed il ciglio della sede stradale, comprensiva di marciapiede e delle aree pubbliche
di parcheggio e di arredo stradale.
r) Spazi interni agli edifici.
Si intendono per spazi interni le aree scoperte circondate da edifici per una
lunghezza superiore ai ¾ del perimetro, così suddivise:
· patio, si intende per patio lo spazio interno di un edificio ad un
solo piano, o all’ultimo piano di un edificio a più piani, con
normali minime non inferiori a m. 6,00 e pareti circostanti di altezza non superiore
a m. 4,00;
· cortile, si intende per cortile lo spazio interno di cui al successivo
articolo 81, comma 1;
· chiostrina, si intende per chiostrina lo spazio interno di cui al successivo
articolo 81, comma 3.
s) Numero dei piani.
È il numero dei piani fuori terra, compreso l’ultimo eventuale
piano in arretramento ed escluso il piano seminterrato anche se abitabile o
agibile.
t) Piano sottotetto abitabile o utilizzabile.
Si intende per piano sottotetto quello compreso tra il solaio piano di copertura
dell’ultimo piano e le falde del tetto.
Il piano sottotetto è da considerare abitabile ove pur non risultando
destinato ad abitazione presenti un’altezza sufficiente per ottenere l’abitabilità,
ai sensi del D.M. 5 luglio 1975, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18
luglio 1975, n. 190. Il piano sottotetto è da considerare utilizzabile
(e quindi da conteggiare come superficie utile lorda) quando l’altezza
netta interna misurata dal piano del pavimento alla linea di colmo o comunque
nel punto più alto, all’intradosso del solaio, è superiore
al ml. 1,50.
u) Piano interrato e piano seminterrato.
Si definisce piano seminterrato il piano sito al piede dell’edificio e
parzialmente interrato, quando la superficie delle pareti perimetrali comprese
al di sotto della linea di terra è superiore al 50 % della superficie
totale delle stesse pareti perimetrali.
Si definisce piano interrato il piano sito al piede dell’edificio quando
le pareti perimetrali sono completamente comprese entro la linea di terra, salvo
le porzioni strettamente necessarie per bocche di lupo, accessi, carrabili e
pedonali, purché realizzati in trincea rispetto alla linea di terra.
Nel caso di edifici di volumetria particolare, sia per le dimensioni che per
la posizione su terreni in forte pendenza e per l’articolazione volumetrica
nell’attacco a terra, ai fini dell’individuazione delle parti interrate
e seminterrate si dovrà scomporre il piano in porzioni rispettivamente
da considerare fuori terra, seminterrate e interrate (v. figura 8).
v) Superficie utile abitabile o utilizzabile (SUA).
È la superficie di pavimento degli alloggi o dei locali ad altra destinazione,
misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e
finestre, di eventuali scale interne, di logge e di balconi.
z) Superficie complessiva (SC).
La superficie complessiva è costituita dalla somma della superficie utile
abitabile e dal 60% del totale delle superfici non residenziali destinate a
servizi ed accessori (Snr), misurate al netto di murature, pilastri, tramezzi,
sguinci e vani di porte e finestre (Sc = Su + 60% Snr).
Le superfici per servizi ed accessori riguardano:
1) cantinole, soffitte, locali motore ascensore, cabine idriche, lavatoi comuni,
centrali termiche ed altri locali a stretto servizio delle residenze;
2) autorimesse singole e collettive;
3) androni di ingresso e porticati liberi;
4) logge e balconi.
I porticati di cui al numero 3) sono esclusi dal computo della superficie complessiva
qualora gli strumenti urbanistici ne prescrivano l’uso pubblico.
aa) Fronte dell’edificio.
Si intende il tratto visibile, da un punto di vista ortogonale, di un edificio
indipendentemente dall’andamento planimetrico delle pareti che lo delimitano,
e, quindi, la fronte viene calcolata secondo la distanza in metri tra due punti
estremi dell’intero prospetto.
bb) Fabbricato o edificio.
Si intende qualsiasi costruzione coperta, comunque infissa al suolo con le più
svariate tecnologie, isolata da vie e spazi vuoti, oppure separata da altre
costruzioni mediante muri maestri che si elevano, senza soluzioni di continuità,
dalle fondamenta al tetto, che disponga di uno o più liberi accessi sulla
via e abbia una o più scale autonome.
Per fabbricato residenziale si intende quel fabbricato o quella parte di fabbricato
destinato esclusivamente o prevalentemente ad abitazione; per fabbricato non
residenziale si intende quel fabbricato o quella parte di fabbricato destinato
esclusivamente prevalentemente ad uso diverso da quello residenziale.
cc) Ampliamento.
Si intende l’ulteriore costruzione in senso orizzontale o verticale di
abitazioni o di vani in un fabbricato già esistente.
dd) Abitazione, stanza, vano.
1) Per abitazione (appartamento, alloggio) si intende un insieme di vani o anche
un solo vano utile, destinato all’abitare per famiglia, che disponga di
un ingresso indipendente sulla strada o su pianerottolo, cortile, terrazza;
2) per vano si intende lo spazio coperto, delimitato da ogni lato da pareti
(in muratura, legno o vetro), anche se qualcuna non raggiunge il soffitto. La
parte interrotta da notevole apertura (arco e simili) deve considerarsi come
divisorio di due vani, salvo che uno di essi, per le sue piccole dimensioni,
non risulti in modo indubbio come parte integrante dell’altro;
3) per stanza (vano utile) si intende il vano compreso nell’abitazione,
che abbia luce ed aria dirette ed un’ampiezza sufficiente a contenere
almeno un letto (camere da letto, sale da pranzo, studi, salotti, ecc.), nonché
la cucina ed i vani ricavati dalle soffitte, quando abbiano i requisiti di cui
sopra;
4) per vani accessori si intendono i vani compresi nelle abitazioni destinati
ai disimpegni, bagni, anticamere, corridoi, ecc., nonché la cucina quando
manchi di uno dei requisiti sopracitati per essere considerata stanza.
Nota all’art. 8, comma 5
Il d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192 reca: “Attuazione della direttiva 2002/91/CE
relativa al rendimento energetico nell’edilizia.
Note all’art. 10, comma 1
Il testo degli articoli 16 e 17 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. Testo A)
è il seguente:
“Art. 16 (L) - Contributo per il rilascio del permesso di costruire (legge
28 gennaio 1977, n. 10, articoli 3; 5, comma 1; 6, commi 1, 4 e 5; 11; legge
5 agosto 1978, n. 457, art. 47; legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 7; legge
29 settembre 1964, n. 847, articoli 1, comma 1, lettere b) e c), e 4; legge
22 ottobre 1971, n. 865, art. 44; legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 17; decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, art. 58, comma 1; legge 23 dicembre 1998,
n. 448, art. 61, comma 2).
1. Salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 3, il rilascio del permesso
di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza
degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo
le modalità indicate nel presente articolo.
2. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta
al comune all’atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta
dell’interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale
della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell’articolo 2,
comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, con
le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione
delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune.
3. La quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all’atto
del rilascio, è corrisposta in corso d’opera, con le modalità
e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione
della costruzione.
4. L’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è
stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche
che la regione definisce per classi di comuni in relazione:
a) all’ampiezza ed all’andamento demografico dei comuni;
b) alle caratteristiche geografiche dei comuni;
c) alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti;
d) ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dall’articolo
41-quinquies, penultimo e ultimo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150,
e successive modifiche e integrazioni, nonché delle leggi regionali.
5. Nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della
regione e fino alla definizione delle tabelle stesse, i comuni provvedono, in
via provvisoria, con deliberazione del consiglio comunale.
6. Ogni cinque anni i comuni provvedono ad aggiornare gli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria, in conformità alle relative disposizioni regionali,
in relazione ai riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione
primaria, secondaria e generale.
7. Gli oneri di urbanizzazione primaria sono relativi ai seguenti interventi:
strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica,
rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione,
spazi di verde attrezzato.
7-bis. Tra gli interventi di urbanizzazione primaria di cui al comma 7 rientrano
i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni,
salvo nelle aree individuate dai comuni sulla base dei criteri definiti dalle
regioni.
8. Gli oneri di urbanizzazione secondaria sono relativi ai seguenti interventi:
asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo nonché strutture
e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo, mercati di quartiere,
delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di
quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali
e sanitarie. Nelle attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le costruzioni
e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione
dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di
aree inquinate.
9. Il costo di costruzione per i nuovi edifici è determinato periodicamente
dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia
agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma della lettera g) del primo
comma dell’articolo 4 della legge 5 agosto 1978, n. 457. Con lo stesso
provvedimento le regioni identificano classi di edifici con caratteristiche
superiori a quelle considerate nelle vigenti disposizioni di legge per l’edilizia
agevolata, per le quali sono determinate maggiorazioni del detto costo di costruzione
in misura non superiore al 50 per cento. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni
regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione
è adeguato annualmente, ed autonomamente, in ragione dell’intervenuta
variazione dei costi di costruzione accertata dall’Istituto nazionale
di statistica (ISTAT). Il contributo afferente al permesso di costruire comprende
una quota di detto costo, variabile dal 5 per cento al 20 per cento, che viene
determinata dalle regioni in funzione delle caratteristiche e delle tipologie
delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione.
10. Nel caso di interventi su edifici esistenti il costo di costruzione è
determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come
individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso
di costruire. Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente,
per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3,
comma 1, lettera d), i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare
che i costi di costruzione ad essi relativi non superino i valori determinati
per le nuove costruzioni ai sensi del comma 6.
“Art. 17 (L) - Riduzione o esonero dal contributo di costruzione (legge
28 gennaio 1977, n. 10, articoli 7, comma 1; 9; decreto-legge 23 gennaio 1982,
n. 9, articoli 7 e 9, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94; legge 24 marzo
1989, n. 122, art. 11; legge 9 gennaio 1991, n. 10, art. 26, comma 1; legge
n. 662 del 1996, art. 2, comma 60).
1. Nei casi di edilizia abitativa convenzionata, relativa anche ad edifici esistenti,
il contributo afferente al permesso di costruire è ridotto alla sola
quota degli oneri di urbanizzazione qualora il titolare del permesso si impegni,
a mezzo di una convenzione con il comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni
di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo prevista dall’articolo
18.
2. Il contributo per la realizzazione della prima abitazione è pari a
quanto stabilito per la corrispondente edilizia residenziale pubblica, purché
sussistano i requisiti indicati dalla normativa di settore.
3. Il contributo di costruzione non è dovuto:
a) per gli interventi da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze,
in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore
agricolo a titolo principale, ai sensi dell’articolo 12 della legge 9
maggio 1975, n. 153;
b) per gli interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura non superiore
al 20%, di edifici unifamiliari;
c) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere
di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici;
d) per gli interventi da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti
emanati a seguito di pubbliche calamità;
e) per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, installazioni, relativi alle
fonti rinnovabili di energia, alla conservazione, al risparmio e all’uso
razionale dell’energia, nel rispetto delle norme urbanistiche, di tutela
artistico-storica e ambientale.
4. Per gli interventi da realizzare su immobili di proprietà dello Stato
il contributo di costruzione è commisurato alla incidenza delle sole
opere di urbanizzazione.”
Nota all’art. 14, comma 1
Il d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192 reca: “Attuazione della direttiva 2002/91/CE
relativa al rendimento energetico nell’edilizia.
a) NOTIZIE RELATIVE AL PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE:
· Proposta di legge a iniziativa della Giunta regionale n. 150 dell’
11 gennaio 2007;
· Relazione della IV Commissione permanente in data 12 marzo 2008;
· Parere espresso dalla I Commissione assembleare permanente in data
7 maggio 2008;
· Parere espresso dalla II Commissione assembleare permanente in data
8 maggio 2008;
· Deliberazione legislativa approvata dal Consiglio regionale nella seduta
del 10 giugno 2008, n. 104.
b) STRUTTURA REGIONALE RESPONSABILE DELL’ATTUAZIONE:
SERVIZIO AMBIENTE E PAESAGGIO
Altri Articoli del provvedimento
Norme per l'edilizia sostenibileArticolo 1 - Finalità e oggetto
Articolo 2 - Definizioni
Articolo 3 - Criteri di selezione dei materiali da costruzione e delle tecniche costruttive
Articolo 4 - Funzioni della Regione, delle Province e dei Comuni
Articolo 5 - Sostenibilità ambientale negli strumenti urbanistici
Articolo 6 - Certificazione di sostenibilità energetico-ambientale degli edifici
Articolo 7 - Linee guida
Articolo 8 - Calcolo dei parametri edilizi
Articolo 9 - Contributi regionali
Articolo 10 - Altri incentivi
Articolo 11 - Sportello informativo
Articolo 12 - Sanzioni
Articolo 13 - Clausola valutativa
Articolo 14 - Disposizioni finali e transitorie
Articolo 15 - Disposizioni finanziarie
Nota a verbale - Note agli articoli