L’idea più comune legata alle superfici, nell’ambito architettonico, risulta spesso connessa alle loro funzionalità e proprietà estetiche, poiché le scelte progettuali sono generalmente dettate dalle caratteristiche intrinseche e prestazionali dei materiali. Risulta interessante focalizzarsi su una declinazione differente che vede, invece, le superfici come un mezzo espressivo e comunicativo incentrato sulla sensorialità. Questo cambiamento di prospettiva permette di dare vita a delle vere e proprie esperienze che stimolano il tatto, l’udito, la vista, il movimento e mettono al centro l’essere umano rendendolo il protagonista principale di questi luoghi interattivi. Texture, grana, composizione, colore e riflettività possono essere infatti combinati tra loro per evocare differenti stati d’animo e percezioni.
Un esempio significativo è il progetto Shui Shui di Atelier Let’s + Serendipity Studio, il cui concept è quello di ricreare nella città di Kaohsiung, nel sud di Taiwan, le sensazioni e le percezioni appartenenti al paesaggio circostante. La città, originariamente fortemente connotata dalla presenza dell’oceano e delle montagne, ha perso negli anni i suoi caratteri naturalistici a causa dell’intensa industrializzazione. L’installazione, situata nell’area portuale, si compone di due muri di cemento, alti 18 metri, che si snodano sinuosi e danno vita a un percorso che ricorda un canyon per il suo sviluppo tortuoso e irregolare.
Al suo interno, passeggiando con la vista offuscata da una nebbia artificiale su un pavimento di ghiaia e ciottoli, l’utente è portato a concentrarsi sugli altri sensi, toccando le pareti scanalate e ascoltando i suoni della città attutiti dalla geometria del percorso. Infatti, durante la visita, non sono soltanto i fattori esterni a riportare alla natura, ma è l’atteggiamento che ciascuno assume all’interno del percorso una volta persi i punti di riferimento abituali.
Di notte, la sensazione di un cielo stellato viene riprodotta su uno dei due lati esterni del muro, grazie a piccoli frammenti di pietra azzurra distribuiti in maniera irregolare. All’interno, invece, una sinuosa striscia LED accompagna il visitatore per tutta la durata del percorso, riempiendo lo spazio nebbioso di luce fredda.
Luogo: Kaohsiung, Taiwan
Committente: Urban Development Bureau, Kaohsiung City Government
Superficie: 376 m2
Completamento: 2018
Architetto: Atelier Let’s + Serendipity Studio
Capo progetto: Ta-Chi Ku, Ling-Li Tseng, Wei-Hsiang Chao
Appaltatore generale: DE-JAI Construction
Consulenti
Strutture: Yuangang Engineering Consultant
Progettazione idraulica: Yuan Cai Industrial Co
Salvo diversamente indicato, foto: Yi-Hsien Lee Photography + Yu zu-Chin courtesy Atelier Let’s + Serendipity Studio
Oltre a evocare un paesaggio, come nel precedente progetto, un solo materiale può anche far convivere differenti ambienti e assumere un significato celebrativo. È il caso dell’opera d’arte Mirage, con cui a partire dalla sabbia raccolta da deserti presenti su varie aree della Terra sono state create oltre 400 colonne in vetro colato, alte 180 centimetri.
L’installazione, realizzata dall’artista Katie Paterson e dallo studio di architettura Zeller & Moye, consiste in un percorso esperienziale che si snoda tra gli ulivi dell’area esterna al Centro Visitatori dell’Apple Park di Cupertino. L’intento è quello di ammirare la luce naturale che si riflette sulla materia, variando in iridescenza durante il giorno e in brillantezza di notte, e che trasforma l’esperienza in una forma di meditazione. Gli utenti sono invitati a rallentare e a sintonizzarsi con l’immensità e la preziosità del pianeta attraverso l’immaginazione e l’interazione con l’opera d’arte. È possibile camminarle accanto o attraversarla, rilassarsi e sdraiarsi sull’erba, fare un picnic o giocare in questo luogo di ritrovo sociale e contemplativo al tempo stesso.
Ciascun cilindro di vetro presenta diversità cromatiche e superficiali, in quanto le molteplici provenienze della sabbia hanno richiesto la formulazione di ricette ad hoc. Sono stati coinvolti esperti vetrai e professionisti sui materiali per produrre i differenti campioni esposti. Nel complesso l’opera vuole ricreare la sensazione di convivenza delle diverse terre da cui ciascuna sabbia proviene, insieme alle persone che le preservano e le sostengono.
Luogo: Cupertino, California, USA
Committente: Apple
Superficie: 209 m2 (scultura) – 895 m2 (parco)
Completamento: 2023
Architetto: Zeller & Moye
Artista: Katie Paterson
Team di progetto: Christoph Zeller, Francesco Baggio, Damjan Brundic, Francesco Spadini, Yang Zhong
Architetto locale: HGA
Progetto del paesaggio: Olin Studio
Appaltatore principale: Holder Construction
Consulenti
Strutture: Eckersley O’Callaghan
Illuminazione: ISP Design
Geotecnica: BAGG Engineers
Ingegneria civile: Kier+Wright
Impianti elettrici: Cupertino Electric
Specialisti scientifici: Faculty of Architecture and the Built Environment, TU Delft / TU
Allestimento artistico: Artsource Consulting
Salvo diversamente indicato, foto: Iwan Baan, courtesy Zeller & Moye e Katie Paterson
Le superfici possono diventare anche un elemento interattivo su cui riflettersi, invitando il pubblico a interagire e a contribuire alla definizione stessa di opera d’arte.
L’installazione Thermally Speaking, a opera del collettivo LeuWebb Projects e Mulvey&Banani Lighting, parte dal presupposto che i nostri corpi siano dei contenitori di energia, costituiti da fuoco e da acqua in quanto sottoposti a continuo rinnovamento e morte a livello cellulare. Perciò, traducendo questa energia radiante in una mutevole cortina luminosa, è stato possibile animare le facciate vetrate dell’edificio del Fort York Visitor Centre, a Toronto.
In particolare, il sistema sfrutta la termografia e gli strumenti di misurazione a infrarossi per captare i campi energetici emanati dai visitatori e creare degli effetti variabili in base all’affluenza e al loro movimento. Essi si ritrovano così a essere sia osservatori sia soggetti di osservazione, partecipando attivamente al dialogo con i fenomeni che li circondano.
Luogo: Toronto, Canada
Committente: Scotiabank Nuit Blanche Toronto
Completamento: 2019
Architetto: Mulvey & Banani Lighting
Team di progetto: Alan Webb, Christine Leu, Stephen Kaye, Paul Boken, Sepideh Nabaee
Artisti: LeuWebb Projects
Collaboratori: CityLightsTO, Layne Hinton, Rui Pimenta
Appaltatore principale: Mulvey & Banani Lighting Design
Foto: Doublespace Photography, courtesy Mulvey & Banani Lighting
Infine, il progetto dello studio HAS design and research, Intangible Sound, propone un’esperienza differente, dove l’udito è protagonista. È stato pensato per la città di Shenzhen che negli anni è passata dall’essere un piccolo villaggio di pescatori a una vera e propria metropoli, a oggi considerata una delle città più popolose dell’intera Cina. I progettisti cercano quindi di recuperare le tradizioni del luogo, tramite un’installazione che recupera una piattaforma semi-arcata in calcestruzzo introdotta da due scalinate laterali, coronandola con una sequenza di lamelle metalliche. Essa è completata connettendo la sommità degli elementi in acciaio al terreno, tramite un insieme di fili da pesca spessi 4 mm.
La scelta di quest’ultimo materiale non solo sottolinea il legame con il luogo e con il paesaggio, ma permette di contenere i costi, essendo l’acciaio reperibile localmente. Lo spazio così definito si configura come un vero e proprio palcoscenico, per osservare e interagire con il mare. L’opera invita ad attraversare i suoi elementi verticali, di diverse altezze e disposti secondo un ritmo irregolare, per immergersi nei giochi di luce e ombra ottenuti dai fili. Questi, formando una sorta di tensostruttura, quando sono mossi dal vento aggiungono all’esperienza del visitatore la dimensione del suono, riproducendo il rumore della onde del mare. A terra, sabbia e pietre rappresentano le caratteristiche più significative della regione: le vaste foreste montane e le zone costiere.
L’installazione, inizialmente prevista in forma temporanea per la Biennale di Urbanistica/Architettura 2019 (UABB) ha riscontrato un notevole interesse nei visitatori, tanto da diventare permanente. Emerge quindi una tendenza, sempre più frequente, nell’utilizzo delle superfici per la definizione di progetti interattivi e partecipativi, che coinvolgono l’osservatore a 360° e propongono esperienze sensoriali originali. Un fenomeno che si configura come un invito capace di ricreare scenari alternativi, facilmente accessibili e fruibili a un vasto pubblico.
Irene Di Buono, Alessia Tramontina